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martedì 17 giugno 2008

Rocca di Verru'a

La Verruca



La storia documentata degli insediamenti nella zona parte dal 780. Il territorio fu difeso fin da quel tempo da una roccaforte sita nel luogo della futura fortezza, posizione ideale per controllare il fiume Arno e la sua pianura, all'epoca ancora paludosa, fino al mare.
Per questo la fortezza della Verruca ha sempre costituito un quasi inespugnabile caposaldo per tutti gli eserciti e le potenze interessate alla conquista del territorio circostante.
Molte sono le famose e sanguinose battaglie combattute nel calcesano: nel 1288 fra Guelfi pisani e esercito lucchese, nel 1328 invasione tedesca di Ludovico di Baviera, nel 1363 invasione Fiorentina, nel 1369 invasione delle truppe di Carlo IV di Boemia e nel 1375 di quelle Inglesi di John Hawkwood (Giovanni Acuto).
Nel 1402 Pisa fu comprata dai Fiorentini e la Fortezza della Verruca, ultimo baluardo di resistenza, venne espugnata e distrutta per evitare che tornasse ad essere una minaccia. Nel 1503 Pisa insorse nuovamente e la guerra interessò nuovamente la Fortezza. Le truppe fiorentine furono costrette a riconquistare nuovamente la Verruca, fulcro della resistenza nemica.
La resa avvenne, non dopo lunghi e sanguinosi scontri, il 18 giugno dello stesso anno e fu il colpo di grazia per le speranze di indipendenza Pisane, infatti la città capitolò
definitivamente in mani Fiorentine sei anni dopo.



Dopo 505 anni dalla sua caduta Le dedico questa Poesia…penso se la sia meritata !!!…..



Rocca di Verrüa


‘uando ‘r mare alla creazion pigiò Arno dalla foce ‘ndella büa;
nacque ‘r Serra senz’antenne e pöo più sotto la Verrüa !

Da lassù e vedi ‘gni ‘osa e tutto ‘r mond’appare bello;
se ttu vvòi, glièra ciucco ‘uello ‘he c’avea rizzato ‘r castello !

Ir tu sguardo spazia ‘ntorno, sale e scende e poi si posa,
guarda a valle Montemagno e Carci colla bianca su’ Certosa.

Anco Fiorenza, la volle ‘on la forza e morto danno;
ed a Pisa la sottrasse fra battaglie e coll’inganno.

Prima di ‘apitolà per la tenzone nelle mane der nemïo,
dar “Sasso” a San Michele ‘r sangue scorse ‘nfino a Vïo.

Bastion di Dolorosa prese allor così ‘r funesto nome,
‘he ancor oggi ner silenzio a rifrette’ le ‘oscenze ‘mpone.

Lassù sventola a memoria ‘r vessillo Pisano ‘on la su’ ‘roce,
e quando ‘r vento la mòve ti par di senti’ der guerriero la voce.

Ho percorso a cavallo da Buti pe’ difesa dell’antïo maniero,
a pugnar cor nemïo su per quest’ infido sentiero.

Ma ‘r mi’ sacrificio m’e’ parso vano, fratello caro,
ancor oggi a mi’ memoria ‘uer boccone è stato troppo amaro.

Girati, guarda ‘ntorno, d’incuria e d’abbandono tutto è pregno,
muri a pezzi, sérve e pruni, der degrado ‘uesto e’ ir regno !

Bella mi’ Verrüa, 'si davvero abbandonata ar tu’ destino;
I ‘astagni a corollario par guasi ‘he ne vogliano ferma’ ‘r decrino.

La ‘oscenza delle genti sveglia, fai rifiori’ l’antïo sprendore,
ed ‘r farco pellegrin che Ti sorvola porti un messaggio ar còre:

son ancor fiera e ho visto sfilar mille stagioni ar mi’ ‘ospetto;
ti prego, popol pisano, risveglia ‘r tu’ amore ‘he porti drent’ar petto;

morte rughe sur mi’ vorto, ma non tristezza per ‘r tempo andato;
la brezza della sera m’accarezza, e quer tramonto mi lascia senza fiato !

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